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Capitolo 17
[1] Il mio respiro è affannoso, i miei giorni si spengono; non c’è che la tomba per me! [2] Non sono con me i beffardi? Fra i loro insulti veglia il mio occhio. [3] Poni, ti prego, la mia cauzione presso di te; chi altri, se no, mi stringerebbe la mano? [4] Poiché hai tolto il senno alla loro mente, per questo non li farai trionfare. [5] Come chi invita a pranzo gli amici, mentre gli occhi dei suoi figli languiscono. [6] Mi ha fatto diventare la favola dei popoli, sono oggetto di scherno davanti a loro. [7] Si offusca per il dolore il mio occhio e le mie membra non sono che ombra. [8] Gli onesti ne rimangono stupiti e l’innocente si sdegna contro l’empio.[9] Ma il giusto si conferma nella sua condotta e chi ha le mani pure raddoppia gli sforzi. [10] Su, venite tutti di nuovo: io non troverò un saggio fra voi. [11] I miei giorni sono passati, svaniti i miei progetti, i desideri del mio cuore. [12] Essi cambiano la notte in giorno: “La luce – dicono – è più vicina delle tenebre”. [13] Se posso sperare qualche cosa, il regno dei morti è la mia casa, nelle tenebre distendo il mio giaciglio. [14] Al sepolcro io grido: “Padre mio sei tu!” e ai vermi: “Madre mia, sorella mia voi siete!”. [15] Dov’è, dunque, la mia speranza? Il mio bene chi lo vedrà? [16] Caleranno le porte del regno dei morti, e insieme nella polvere sprofonderemo?».