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Capitolo 31
[1] Ho stretto un patto con i miei occhi, di non fissare lo sguardo su una vergine. [2] E invece, quale sorte mi assegna Dio di lassù e quale eredità mi riserva l’Onnipotente dall’alto? [3] Non è forse la rovina riservata all’iniquo e la sventura per chi compie il male? [4] Non vede egli la mia condotta e non conta tutti i miei passi? [5] Se ho agito con falsità e il mio piede si è affrettato verso la frode, [6] mi pesi pure sulla bilancia della giustizia e Dio riconosca la mia integrità.[7] Se il mio passo è andato fuori strada e il mio cuore ha seguìto i miei occhi, se la mia mano si è macchiata, [8] io semini e un altro ne mangi il frutto e siano sradicati i miei germogli. [9] Se il mio cuore si lasciò sedurre da una donna e sono stato in agguato alla porta del mio prossimo, [10] mia moglie macini per un estraneo e altri si corichino con lei; [11] difatti quella è un’infamia, un delitto da denunciare, [12] quello è un fuoco che divora fino alla distruzione e avrebbe consumato tutto il mio raccolto. [13] Se ho negato i diritti del mio schiavo e della schiava in lite con me, [14] che cosa farei, quando Dio si alzasse per giudicare, e che cosa risponderei, quando aprisse l’inquisitoria? [15] Chi ha fatto me nel ventre materno, non ha fatto anche lui? Non fu lo stesso a formarci nel grembo? [16] Se ho rifiutato ai poveri quanto desideravano, se ho lasciato languire gli occhi della vedova, [17] se da solo ho mangiato il mio tozzo di pane, senza che ne mangiasse anche l’orfano [18] – poiché fin dall’infanzia come un padre io l’ho allevato e, appena generato, gli ho fatto da guida –, [19] se mai ho visto un misero senza vestito o un indigente che non aveva di che coprirsi, [20] se non mi hanno benedetto i suoi fianchi, riscaldati con la lana dei miei agnelli,[21] se contro l’orfano ho alzato la mano, perché avevo in tribunale chi mi favoriva, [22] mi si stacchi la scapola dalla spalla e si rompa al gomito il mio braccio, [23] perché mi incute timore il castigo di Dio e davanti alla sua maestà non posso resistere. [24] Se ho riposto la mia speranza nell’oro e all’oro fino ho detto: “Tu sei la mia fiducia”, [25] se ho goduto perché grandi erano i miei beni e guadagnava molto la mia mano, [26] se, vedendo il sole risplendere e la luna avanzare smagliante, [27] si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore e con la mano alla bocca ho mandato un bacio, [28] anche questo sarebbe stato un delitto da denunciare, perché avrei rinnegato Dio, che sta in alto. [29] Ho gioito forse della disgrazia del mio nemico? Ho esultato perché lo colpiva la sventura? [30] Ho permesso alla mia lingua di peccare, augurandogli la morte con imprecazioni? [31] La gente della mia tenda esclamava: “A chi non ha dato le sue carni per saziarsi?”. [32] All’aperto non passava la notte il forestiero e al viandante aprivo le mie porte. [33] Non ho nascosto come uomo la mia colpa, tenendo celato nel mio petto il mio delitto, [34] come se temessi molto la folla e il disprezzo delle famiglie mi spaventasse, tanto da starmene zitto, senza uscire di casa. [38] Se contro di me grida la mia terra e i suoi solchi piangono a una sola voce, [39] se ho mangiato il suo frutto senza pagare e ho fatto sospirare i suoi coltivatori, [40a] in luogo di frumento mi crescano spini ed erbaccia al posto dell’orzo. [35] Oh, avessi uno che mi ascoltasse! Ecco qui la mia firma! L’Onnipotente mi risponda! Il documento scritto dal mio avversario [36] vorrei certo portarlo sulle mie spalle e cingerlo come mio diadema! [37] Gli renderò conto di tutti i miei passi, mi presenterei a lui come un principe». [40b] Sono finite le parole di Giobbe.